Gli habitat

Le praterie montane

La presenza di praterie montane, che interessa gran parte del territorio non coltivato, è determinata prevalentemente dall’azione dell’uomo. L’esigenza di trovare spazi da coltivare, o dove far pascolare il bestiame, nei secoli scorsi ha spinto gli abitanti a disboscare estese superfici realizzando colture montane a cereali e pascoli per le mandrie. Oggi, queste distese formazioni erbacee fanno parte del paesaggio che percepiamo come “naturale” e sarebbe inimmaginabile pensare a montagne come il Cervati o il Motola senza questo habitat. D’altronde, in tutte le montagne dell’Appennino centro-meridionale, il ruolo di questo ambiente per il mantenimento della biodiversità è talmente importante, che la Comunità Europea lo ha incluso nell’elenco di quelli protetti dalla Direttiva Habitat, perché ritenuto strategico per la biodiversità dell’intera Unione Europea.
Tuttavia, al giorno d’oggi, mantenere colture agricole in montagna è diventato poco redditizio e, di conseguenza, è diventato raro trovare campi di grano o di patate tra le valli di Piesco e di Monte Vivo. Allo stesso modo, il numero di bovini o di pecore al pascolo montano si è molto ridotto negli ultimi sessanta anni e gli allevatori che conducono questo tipo di attività, contribuendo a mantenere questo habitat, sono sempre di meno e sempre meno legati alla vita in montagna. Purtroppo, senza animali al pascolo questi habitat sono destinati a scomparire, perché verrebbero colonizzati da piante arbustive ed arboree il cui diffondersi è oggi frenato dall’azione brucante delle mandrie.
Gli animali al pascolo consentono anche il mantenimento di un’adeguata diversità di flora. Infatti, le piante di alcune specie tenderebbero a crescere più di altre, se non fossero controllate dal morso degli animali. In alcuni di questi pascoli, che i botanici classificano col nome di brometi per la caratteristica presenza del forasacco (in latino Bromus), vivono anche numerose specie di orchidee selvatiche.
Non sempre però è l’azione dell’uomo a creare le praterie; ad esempio, allo sciogliersi delle nevi, nelle conche carsiche si creano piccole raccolte d’acqua che formano prati allagati, dove vivono meglio quelle piante erbacee che tollerano queste condizioni ambientali.
In primavera i prati si trasformano in una distesa di variopinti fiori di primule, viole e orchidee, sopra i quali sciami di coleotteri e farfalle testimoniano il forte legame ecologico tra il mondo vegetale e quello animale.
D’estate, invece, tra l’erba è facile osservare la Luscengola, strana lucertola con le zampe tanto piccole da sembrare un serpente.
Di notte, la prateria è popolata da invisibili abitanti: arvicole, topi selvatici, volpi, gatti selvatici e lepri italiche.

Gli arbusti spinosi di Biancospino ospitano i nidi dell’Averla piccola.

Sui versanti montuosi più acclivi, il suolo fertile non si deposita facilmente e arbusti ed alberi hanno difficoltà a crescere anche in assenza di pascolo. Sulle rocce, in primavera, si osservano cantare uccelli come il Culbianco e la Monachella.

 

La faggeta

Le faggete rappresentano i boschi di latifoglie dal carattere più montano nel territorio del Parco e si ritrovano generalmente a quote superiori gli 800 –1000 m. Rivestono buona parte del versante meridionale del complesso Cervati - Mercuri e la sommità del Monte Vivo. All’apparenza possono sembrare ambienti incontaminati, ma in realtà le faggete presentano una struttura fortemente condizionata dall’uso produttivo che se ne è fatto. Le porzioni di faggeta meglio mantenute presentano un’età degli alberi piuttosto eterogenea e mantengono alberi maturi e marcescenti, molto importanti per la fauna forestale. Le faggete di Piaggine sono caratterizzate dalla presenza dell’Agrifoglio, dal Pungitopo, dalla Dafne laureola e dall’Acero di monte.
All’imboccatura degli inghiottitoi e nelle incisioni nella roccia, si possono osservare rari alberi di Tasso.
La fauna è più ricca in quelle faggete con folto sottobosco e con alberi di diversa età. L’Astore, il Picchio nero, il Luì verde, il Ciuffolotto, il Picchio muratore, la Cinciallegra, la Cincia bigia, il Fringuello, sono gli uccelli più caratteristici. Tra i mammiferi, abitano la faggeta il Lupo, il Gatto selvatico, il Ghiro, e la Martora. Sotto la corteccia degli alberi più vecchi e di quelli marcescenti vive un microcosmo di larve di insetti, tra cui molti coleotteri cerambicidi e curculionidi. Nella faggeta vive anche la Rosalia alpina.

 

I boschi misti

Nelle gole del fiume Calore e nei tratti più a valle del territorio comunale, le formazioni forestali sono quelle del bosco misto, con una composizione arborea piuttosto variabile.
Nelle aree collinari a valle dell’abitato urbano, i querceti sono dominati da Roverella o da Cerro e la loro composizione arborea è condizionata fortemente dalle pratiche forestali, considerato che si tratta di boschi privati ad uso produttivo.
Le gole del Calore, invece, sono interessate da un bosco a composizione mista, dominato da Carpino nero, che si accompagna a Orniello, Acero, Ontano e Leccio. Questo tipo di boschi è comune nei valloni e dove i pendii sono piuttosto acclivi. Sul fondo dei valloni predominano condizioni di umidità, dovuta anche alla presenza del fiume che scorre al suo interno; verso la sommità, invece, predominano condizioni di clima più caldo. Di conseguenza cambiano le piante presenti; sul fondo predominano alberi che prediligono l’umidità, mentre sulla sommità quelle che preferiscono temperature più alte, tra cui il Leccio che conferisce al bosco carattere sempreverde.
Insieme alla composizione arborea ed arbustiva, anche la fauna cambia significativamente. Sul fondo vivono specie tipiche delle foreste, come il Gatto selvatico, la Martora, molti Pipistrelli, insieme ad altre che prediligono i corsi d’acqua, come la Lontra, la Puzzola, la Salamandrina dagli occhiali e la Salamandra. Alla sommità del vallone, sono presenti molte specie più tipicamente arbustive o legate a boschi degli ambienti caldi, come la Sterpazzolina.

 

 

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