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Biagio Bruno
Piccolo, magro, con gli occhi neri, intensi e mobilissimi, sempre elegante nel suo abbigliamento classico, con il cappello rigido anche in casa, è stato il maestro di generazioni e generazioni di piagginesi e non solo.
Da Sacco, Laurino, Valle Dell’Angelo, Felitto, Castel S. Lorenzo, Roccadaspide , Magliano Vetere, Orria, Cannicchio, Agnone, arrivavano scolari che si mettevano a pensione presso di lui per frequentare la sua scuola.
La fama di questo maestro si era diffusa anche in paesi lontani.
I suoi alunni erano di tutte le classi sociali ed il suo insegnamento è stato un valido aiuto per la promozione sociale e per capire ed inserirsi nel mondo. Peccato che i suoi scritti, tra cui la versificazione di Pinocchio, le sue poesie, i suoi libri, le sue carte e i suoi documenti siano andati perduti. Le notizie su di lui si possono ricavare dai ricordi dei suoi allievi e di quanti l’hanno conosciuto e da uno scritto dell’ispettore scolastico Gaetano Roselli, che fa un ritratto di quel suo primo maestro, ricordando l’atmosfera di quella scuola.
Il destino volle che l’ispettore morisse prima di avere terminato questo scritto, che fu ripreso da sua figlia Maria, che è stata anch’ella, per un anno, durante la Seconda Guerra Mondiale, alunna di quel maestro.
Così sappiamo che Don Biagio fu inizialmente un autodidatta, che si formò su pochi libri : una "Divina Commedia", una “Gerusalemme Liberata” (senza commento), qualche romanzo tra cui “I Promessi Sposi”, il “Dottor Antonio” di Giovanni Ruffini, “Le Confessioni di un ottuagenario” di Ippolito Nievo, “ Piccolo mondo antico ” di Fogazzaro, “L’assedio di Firenze ” di Francesco D. Guerrazzi, “ La storia di una capinera “ di Verga, le antologie di Giovanni Pascoli “Fior da Fiore ” e “ Sul limitare” ed i versi di Lorenzo Stecchetti della seconda metà dell’Ottocento.
Imparò da solo il latino su una Grammatica del Buonsanti e studiò la grammatica italiana sul testo del Melga. Aprì a casa sua una scuola, insieme al fratello Celestino, anche non avendo il titolo per insegnare. Qui gli allievi conoscevano la madre, piccola, attiva e premurosa, il padre, dalla lunga barba bianca , il vecchio zio “Santo” e la vecchia zia "monaca".
Forte era il legame di Biagio Bruno con Giovanni Roselli, padre di Gaetano. Giovanni Roselli, maestro nella scuola elementare di Piaggine, fu nominato Giudice Popolare a Salerno. A sostituirlo, anche se privo del titolo, fu posto Biagio Bruno, che in quella scuola portò anche gli allievi della sua scuola privata. Un giorno arrivò l’ispettore scolastico che, non palesandosi, si mise ad osservare l’operato di quel maestro, seguendone la lezione. Don Biagio non si rese conto di essere sottoposto a visita ispettiva, in quanto la sua scuola era sempre aperta alla comunità, anche per la formazione degli allievi.
Gaetano Roselli, nel suo scritto, testimonia che, entrando in quella scuola da bambino, non sentì nessuna frattura fra la comunità e la scuola.
L’ispettore si complimentò col maestro e questo fu lo stimolo perché Don Biagio prendesse l’impegno con se stesso di conseguire il titolo legale per l’insegnamento. La Scuola Normale di Caserta offriva una borsa di studio, ma non bastava per sostenersi.
Allora i vecchi zii diedero anch’essi il loro contributo finanziario. L’emozione, con la quale affrontò l’esame per la borsa di studio, gli costò la caduta dei capelli; per questo motivo, da quel momento in poi, portò sempre il cappello, anche in casa. La Normale di Caserta era diretta da Salvatore Colonna “un eclettico", che in pedagogia sceglieva il meglio del De Dominicis e dell’Ardigò” con qualche influsso idealistico.
Biagio Bruno si distinse in quella scuola e fu molto apprezzato dal Colonna. Emerse, particolarmente, nelle lezioni di tirocinio, dove un maestro esperto, impressionato dalla sua perizia, si complimentò con lui, stringendogli la mano e chiamandolo Maestro.
Così, Don Biagio, a pieno titolo, entrò nella scuola di Piaggine, cui dedicò tutta la sua vita e che costituì la sua famiglia: non si sposò, infatti, mai!
Alla sua scuola si tornava anche il pomeriggio fino all’Ave Maria e si rientrava anche la domenica. Di solito, egli gestiva la pluriclasse della IV e V elementare. Chi voleva affrontare l’esame di ammissione alla Prima Media inferiore rimaneva ancora un anno in quella scuola. Egli, nel suo insegnamento, mise in pratica tutto ciò che nelle varie teorie pedagogiche prende nomi diversi ma che attiene ad una scuola che, collegata alla vita, serve alla effettiva formazione e all’inserimento nel mondo.
Le traduzioni dal dialetto, il giornalino “ Puerilia”, il teatro, la capacità di entrare in contatto con gli allievi, l’abilità di essere chiaro e comprensibile, furono alcuni tra gli ingredienti di quella magia che catturava gli allievi, fornendo strumenti per capire ed operare.
Fannie Tramontano, una piagginese trasferitasi da bambina a New York, portò con sé un suo quaderno della scuola di Don Biagio, che è stato riportato Ain Italia dai suoi figli.
E’ incredibile con quanta precisione nella lingua e nella grafia scriva, e con quanta capacità di osservazione. Fannie ha sempre scritto e parlato l’italiano senza errori, nonostante abbia vissuto negli Stati Uniti e parlato inglese quasi tutta la sua vita, grazie all’insegnamento di Don Biagio.
Negli anni sessanta un pastore di Piaggine, sorpreso dal prof. Viccaro di Salerno, a leggere un romanzo mentre le pecore pascolavano, testimoniava che il piacere della lettura glielo aveva trasmesso il maestro Don Biagio.
Questi, anche dopo essere andato in pensione, fu sempre un punto di riferimento per i cittadini più o meno colti di Piaggine. Tenne un rapporto epistolare con Angelo Patri, a cui diede un contributo anche Alessandro Di Perna, per la sua conoscenza della lingua inglese. Si dedicò alla poesia e spesso scrisse versi d’occasione. Negli anni cinquanta ebbe la medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione. Negli ultimi anni di vita non si metteva a letto perchè, così, gli sembrava che più facilmente la morte potesse ghermirlo.
Attualmente, la scuola elementare di Piaggine è a lui dedicata.
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