Le famiglie più antiche 

La maggior parte delle notizie è stata desunta dal libro “Della valle di Fasanella nella Lucania - Discorsi del Dot. Lucido Di Stefano della Terra di Aquaro nella stessa Lucania – Libro Primo” del 1781, vivace ritratto delle famiglie di spicco dell’epoca.

 

FAMIGLIA PEPOLI

Di questa fanno parte: il Beato Andrea Pepoli; Riccardo, capitano nel 1591 sotto Ascanio Sforza, nella guerra d'Ungheria contro i Turchi; Giulio Pepoli, Protonotario Apostolico, Vicario Generale diocesano, Arcidiacono e Vicario Generale dell’Arcivescovado di Salerno (1629); Donatantiono, Alfiere e Barone di S. Giovanni Guarazzano e Buonafede nel Cilento; Carlantonio, Barone de’ Porcili (vicino a Omignano Cilento) e “ Contatore” della Compagnia d’Uomini d’arme del Duca di Bovino; Giuseppe, figlio di Donatantonio che, da militare, difese Salerno contro i Francesi.

La famiglia si estinse rimanendo solo con eredi femmine, tra le quali Vittoria che sposò Leonardo Ricci ed ottenne da Ferdinando Carafa d’Aragona ( IV Duca di Laurino) il privilegio di potersi, a suo arbitrio, scegliere nella provincia un Giudice per le proprie cause.


FAMIGLIA RICCI(O)

I componenti della famiglia furono : Leonardo Ricci, illustre giureconsulto che compose diverse opere di legge.
I figli : Don Rosario Ricci, Protonotario Apostolico, Canonico della Collegiata di Laurino, Vicario Generale del Vescovo di Ariano e della diocesi di Capaccio, autore delle “Costituzioni Sinodali” (1714) e della “Prattica del Foro Ecclesiastico”; Francesco, uomo di legge e giureconsulto; Gaetano, appartenente alla Compagnia di Gesù; il nipote di Leonardo, a sua volta don Leonardo, canonico della cattedrale di Policastro e Arciprete curato di Piaggine, che redasse l’atto di morte del Tenente Puglia.


FAMIGLIA VAIRO

Leonardo Vairo è segnalato come il più antico e ragguardevole componente, Benedettino e Canonico di S. Sofia di Benevento, dottore e teologo, Vescovo di “Pozzuolo”. La famiglia, però, si divise in molti rami, all’incirca sette. I suoi componenti furono per lo più medici, uomini di legge, ma anche ecclesiastici, farmacisti, militari e letterati.

Giuseppe Vairo fu professore di chimica - ai tempi di De Stefano - della Università di Napoli, di filosofia nel Collegio dei Gesuiti a Napoli, membro della Real Accademia del Re di Prussia in Torino, medico del primo figlio di Carlo III, Primo Medico della Facoltà Medica della Generale Deputazione della Salute di Napoli.
Molto probabilmente fu lui il proprietario dello splendido palazzo di Piazza Plebiscito.


Ad un altro ramo appartennero Giuseppe, Primo lettore del Collegio dei Gesuiti a Salerno e, dopo la soppressione dell’ordine, “ lettore di varie scienze in privato” ed avvocato a Napoli; Salvatore, amante delle lettere.

Ferdinando, capitano, ed un altro Ferdinando, medico, vissero probabilmente
nell’Ottocento, nel palazzo di Via G. Ricci, che fu incendiato dai Francesi perché il capitano Ferdinando era compare di re Ferdinando IV di Borbone.
Dell’Ottocento sono : Don Giuseppe Melchiorre che incuteva “a tutti molto timore
scudo facendosi di un partito di uomini perduti” scrive A. Caiazza nel suo libro sul brigantaggio nel Salernitano. Questi aveva combattuto contro i liberali richiedenti la Costituzione ed era divenuto Primo Tenente Comandante della prima squadriglia provinciale del Comune di Piaggine, con la quale imponeva duramente l’ordine; Pompeo, vicepretore del mandamento, che indusse i briganti della zona a consegnarsi, e, per questo, ricevette (1866) una lettera di ringraziamento del Ministro Bettino Ricasoli.


FAMIGLIA CINELLI

Nel ‘600 ebbe tre notai, Gianberardino, Angelo e Berardino; nel Settecento il
reverendo Francesco, maestro di cappella e Vicedirettore del Regal Conservatorio di S. Onofrio a Napoli, come lo fu poi anche Luca Cinelli. Vari medici sono segnalati nella famiglia.


FAMIGLIA BRUNO

I suoi componenti, secondo Lucido Di Stefano, erano ed erano stati per lo più medici con l’eccezione di qualche uomo di legge.


FAMIGLIA PETRAGLIA

De Stefano segnala il dottore e teologo Don Giuseppe, parroco di S. Sofia a Napoli morto nel 1732. Vitantonio, ai suoi tempi tenente capitano del reggimento Reale Borbone e comandante dell’Isola Ventotene. Egli segnala anche altri componenti, di professione medici.


FAMIGLIA di CRISTOFARO

Giangiacomo, vescovo di “ Lacerogna” o di “Gerenza”; Donatantonio, giudice a Molfetta (1642) e nello Stato di Giffoni Vallepiana e Sei Casali (1643).


FAMIGLIA TOMMASINI

Filoborbonica. Nel 1799 Nicola si inserì nella Reazione filo borbonica contro la Repubblica Giacobina ed i Giacobini. Capo di una colonna sanfedista, ebbe l’autorizzazione ad adoperare le rendite della comunità di Piaggine, a chiedere contributi ai benestanti ed a disarmare chi non facesse parte della stessa colonna. Con un esercito raccogliticcio, (25 Grana al giorno per ogni soldato e 30 per ogni caporale) scacciò i Francesi da Felitto, Castel S. Lorenzo, Roccadaspide, Controne, Albanella, Vallo di Diano, Eboli e Persano. Su di lui fu posta una taglia di duemila ducati per chi l’avesse catturato e mille per chi l’avesse ucciso. Dopo il suo incontro con il Cardinale Ruffo, capo delle truppe sanfediste (della Santa Fede), di reazione ai Francesi, (o con il vescovo Ludovici), ebbe la facoltà di accrescere l’armata, di arrestare i Giacobini, di sequestrare i beni ed usare i cannoni delle terre di Laurino e Capaccio.

Ferdinando di Borbone tornò sul trono, ma nel 1805 i Francesi, nella persona di
Napoleone, si impossessarono di nuovo di Napoli. Napoleone nominò re suo fratello Giuseppe. Nel 1806 Nicola, ancora filoborbonico, con 4.000 uomini tra cui alcuni briganti della banda di Capodigrano, invase Laurino, saccheggiando ed incendiando ma fu messo in fuga dalle truppe francesi, arrivate da Salerno. I Francesi, per vendetta, incendiarono la chiesa ed alcuni palazzi di Piaggine. Nicola nel 1815, durante la Restaurazione borbonica, cercò ancora di mettere a ferro e fuoco Laurino, ma fu ostacolato dai legionari del Tenente Puglia e del Capitano Sangiovanni. Per vendicarsi, Tommasini ordì un attentato al Tenente Puglia, andato a vuoto; poi ne organizzò la soppressione, lasciando il compito al figlio Gherardo.

Il nipote Gaetano, pur appoggiando la banda di Giuseppe Tardio, non partecipò agli eventi storici. Fu arrestato con l’accusa di tramare per il ritorno dei Borboni, ma poi fu scarcerato, perché ritenuto vittima di vendette private. Fu studioso di Diritto Canonico ed Economia Politica.


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