La madonna della Neve

Il monte Cervati, per lungo tempo, rimase selvaggio ed inesplorato, regno di lupi, cinghiali, aquile, sparvieri, gufi e civette, oltre che di altri animali più innocui e meno spaventevoli: i piagginesi, impauriti, si tenevano lontani, non osando avventurarsi a quelle altezze.
Un giorno un cacciatore, spinto dalla curiosità, cominciò la scalata tra faggi, cerri, abeti, carpini, lecci, frassini, larici ed olmi, incontrando qualche faina, lepre, cervo oppure qualche martora o beccaccia, qualche pernice o qualche merlo, ma niente lupi. In quel Paradiso terrestre non pensò neppure una volta di sparare. Lì dove la montagna è più alta, a strapiombo, si sedette su di un masso e si mise ad ammirare il paesaggio intorno: boschi fitti, montagne, paesi attaccati alle colline, in basso un pianoro verde con le pecore brucanti, lontano il mare. Una colombella venne a tubare su un ramo di ontano che gli pendeva sulla testa. Cercò di spaventarla, ma quella continuò; imbracciò allora il fucile e si alzò. La colombella, volando di ramo in ramo, allegramente lo gabbava. Alla fine sparì tra i rovi. Arrabbiato, per aver visto mortificato il suo spirito venatorio, cominciò a tagliare i rovi col suo coltello. All’improvviso si fermò davanti alla stretta imboccatura di una grotta. Vi spiò dentro : cosa vide? La statua di una Madonna che lo guardava insieme alla colombella, che era ai suoi piedi. Un brivido gli passò per la schiena. Gli sembrò un miracolo. Cadde in ginocchio e pregò. Ritornato in paese, raccontò ai compaesani la sua avventura. Da allora il Monte Cervati fu frequentato dai piagginesi, che non hanno mai interrotto il culto per la Madonna della Neve.

 

 

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